Pagare per essere maltrattati: per i giudici il gioco fetish è estorsione

Il tribunale di Torino ha condannato una "padrona" denunciata dal suo moneyslave

di FEDERICA CRAVERO

 

20 luglio 2018

http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/07/20/news/pagare_per_essere_maltrattati_per_i_giudici_il_gioco_fetish_e_estorsione-202278436/?ref=fbpr

 

Il gioco finisce quando si dice "basta". Ma se il gioco è una dominazione finanziaria - findom nel gergo del fetish - in cui un moneyslave viene consapevolmente maltrattato da una mistress che pretende denaro da lui e lui prova piacere proprio a pagarla per ricevere insulti e umiliazioni, allora il confine tra il consenso e il reato diventa difficile da determinare. Proprio su questo tema il tribunale di Torino è stato chiamato a pronunciarsi stamattina per una sentenza pilota che affronta una delle tante perversioni che si diffondono sul web. Si è chiusa infatti con una condanna a due anni e quattro mesi di carcere in abbreviato per estorsione la particolare relazione che si era instaurata tra una giovane studentessa - difesa dall'avvocato Gianluca Martino Nargiso - e un uomo, un trentenne padre di famiglia - assistito dall'avvocato Giuseppe Gentile - che l'aveva contattata attraverso un sito internet.

Che il rapporto tra i due - che non si sono mai visti né di persona e non si sono mai scambiati nemmeno fotografie in chat - fosse centrato unicamente sullo scambio di denaro non è mai stato negato né dalla vittima né dall'imputata. E d'altra parte tutti i pagamenti sono tracciati, così come le chat in cui la "padrona" insultava il suo schiavo per farsi accreditare sul conto somme di denaro che nel giro di pochi mesi sono arrivate a sfiorare i diecimila euro. Ed è stato a quel punto che la moglie dell'uomo si è accorta dell'anomalo tradimento e gli ha imposto di interrompere il rapporto. Ma, pensando che l'improvvisa riluttanza dell'uomo facesse parte del gioco e necessitasse di ordini ancora più forti da parte sua, dall'altra parte della tastiera la ventenne deve aver superato quella che ora anche il giudice Ambra Cerabona ha considerato una linea di confine tra il lecito e l'illecito. E le pretese di denaro che sono arrivate dopo quel momento, quando la donna ha fatto capire di essere venuta a conoscenza del vero nome e dell'indirizzo dell'uomo, sono state interpretate come un ricatto e, dopo una denuncia ai carabinieri, sono andate a comporre un fascicolo per estorsione aperto dalla pm Lisa Bergamasco.